L'EDUCAZIONE AMBIENTALE AL CACCIA VILLAGE?

Riceviamo e pubblichiamo
Il Caccia Village è la più grande fiera della caccia del centro-sud Italia. Un immenso salone dove poter ammirare le ultime innovazioni su armi, attrezzature, accessori per la caccia grazie alla presenza dei più affermati marchi di produttori di armi e munizioni.
“Ricco anche il programma culturale, si legge nel sito, con focus su tematiche attuali e di sicuro interesse per tutti gli appassionati di caccia: dopo aver esplorato lo scorso anno tematiche come ... la canna liscia, il programma del 2015 porterà alla ribalta nuovi interessanti argomenti...e poi, cucina di selvaggina, agenzie di viaggi venatori, riserve di caccia italiane, video di caccia e presenza delle principali riviste di settore”, insomma, il Caccia Village è un paradiso per chi ama e pratica la venagione. Proprio a questo enorme appuntamento, da come si è letto sui giornali, verrà presentato un progetto di educazione ambientale "Rappresentiamo l'ecosistema - Educazione ambientale ed ecologica" realizzato dal gruppo Dedalos per conto dell'ATC (Ambito Territoriale di Caccia) Cosenza 1 nel quale sono state coinvolte tre scuole del Pollino (l’Istituto Omnicomprensivo Statale “Ernest Koliqi” di Frascineto – Civita, l’Istituto Comprensivo Statale di Morano – Saracena, e l’Istituto Comprensivo Statale “Corrado Alvaro” di Francavilla Marittima- Cerchiara di Cal.- S. Lorenzo B.)La notizia del progetto, riportata su molte testate giornalistiche (www.quicosenza.it, www.ABMreport.it, www.paese24.it etc.), riviste on line e siti del settore (www.federcaccia.org), lascia abbastanza basiti, soprattutto per la difficoltà di trovare il senso di far partecipare “la scuola” (progetto scolastico) ad una grande manifestazione sulla caccia e sulle armi. Trovo veramente poco educativo ed estremamente pericoloso associare il mondo delle armi anche se con finalità venatorie, a ragazzi di 8-11 anni già di per sè abbondantemente violentati da film e viodeogiochi fatti di pistole e fucili. Resto basito, a latere delle dichiarazioni del Presidente dell'ATC CS1 Dott. Bloise (è venuto il tempo di «cambiare il modo di vedere l’attività venatoria»), per la faciloneria con la quale si accosta l'educazione ambientale e la tutela degli ecosistemi al mondo venatorio. Così ascolto con stupore le contraddizioni del Presidente Bloise che, in una intervista su Castrovillari in Rete, afferma che «nel citato progetto non viene menzionata la caccia» e allo stesso tempo dichiara di aver preso uno stand a Bastia Umbra al Caccia Village e provveduto ad interessare, per estendere il progetto, le altre ATC ma soprattutto le Associazioni Venatorie a livello nazionale (con l'ATC CS1 soggetto capofila). Qual è dunque il nesso tra un progetto di educazione ambientale per le scuole (“che non parla di caccia”), con le associazioni venatorie e non altre? A me sembra un’abile strumentalizzazione. 
L'educazione ambientale, un fondamento per le attività nelle le aree protette, oggi diventa strumento di proseliti per chi, per decenni, ha osteggiato le stesse aree protette. E se le ragioni personali possono sembrare pretestuose, sicuramente non lo sono per le Linee guida sull'educazione ambientale del Ministero dell'Istruzione e del Ministero dell'Ambiente che, nelle schede tecniche di approfondimento (pag 22), definiscono la caccia tra le principali minacce dirette alla fauna nel nostro paese. La rivista L'Espresso alcuni anni fa stimava in 100 milioni gli animali uccisi ogni anno. Del resto interi volumi universitari, pubblicazioni e pagine di cronache giornaliere spiegano egregiamente quali sono stati i danni diretti e indiretti che la caccia e tutta la lobby associata ha arrecato ai sistemi naturali in netto contrasto con le azioni di tutela e mantenimento della biodiversità e degli ecosistemi.Mettendo, per un attimo, da parte i “nozionismi”, mi piacerebbe sapere se, veramente, tutti questi ragazzi, le loro famiglie e le scuole sono entusiasti di essere rappresentati nello stand centrale in una fiera sulla caccia, la più grande del centro-sud. Occupare i principali siti e giornali on line del settore, essere associati al mondo venatorio. Chi di questi dirigenti pensa che la caccia possa veramente tutelare gli ecosistemi e le specie che li popolano? E’ giusto e didatticamente funzionale che l’educazione ambientale, anche se magistralmente insegnata, sia collegata al mondo venatorio?Chi conosce questa disciplina, ma in generale ogni insegnante, sa bene che il trasferimento dei saperi si raggiunge quando si è spinti da un profondo amore per ciò che si insegna. E questo amore per la natura è incompatibile con l’uso di armi, con l'uccisione degli stessi animali. Come si collega la passione di uccidere gli animali, alla tutela degli stessi, soprattutto per quelli che fino a non troppi anni fa arricchivano i carnieri di tanti cacciatori e che, solo grazie all'istituzione di aree protette e a leggi più restrittive, sono stati salvati dal massacro? Gli abbattimenti diretti sono solo una parte dell'impatto della caccia sugli ecosistemi e sulla biodiversità, ancor peggio hanno fatto le politiche di gestione territoriali operate con la complicità di Enti e organi politici.Tanto per fare alcuni esempi, vorrei ricordare al Presidente Bloise il problema delle introduzioni di specie alloctone a fini venatori, rischiando la scomparsa se non l'estinzione delle specie locali (es. l'introduzione della lepre europea nell'Italia centrale e meridionale ai danni della lepre italica (competizione interspecifica e diffusione di patologie) – fonte: ISPRA). Come non citare il caso dei Cinghiali. I ripopolamenti del Cinghiale (in alcuni casi vere e proprie introduzioni di specie diverse provenienti dall'Europa orientale più prolifici e più grossi dei nostrani), effettuati per anni anche con la complicità della Provincia di Cosenza, ha prodotto, in concomitanza della riduzione e scomparsa di grandi predatori, la crescita della popolazione di questo suinide. Oggi si grida solo al sovrannumero e ai possibili danni all'ecosistema e all'economia. Accanto alle introduzioni e ai ripopolamenti (con impatto sulla fauna selvatica) anche il disturbo alla biocenosi durante le battute di caccia genera i suoi effetti negativi nei sistemi naturali. Così, è risaputo che la braccata al cinghiale oltre al disturbo della fauna, genera ripercussioni sulla mobilità del cinghiale, che talvolta decuplica il suo spazio vitale con impatto su sistemi agricoli e naturali. Presidente Bloise, potrei ricordarLe ancora i problemi di saturnismo (intossicazione da piombo) per molti animali, soprattutto nei sistemi acquatici a causa dell'utilizzo del piombo nelle munizioni (per questo non più utilizzabili). Oppure l'utilizzo di richiami vivi (animali liberi e selvatici catturati e costretti a vivere in piccole gabbie per fungere da richiamo e attrarre i co-specifici tramite il canto), banditi in molti paesi europei e per i quali, insieme alla caccia in deroga operata da molte regioni, rischiamo di prendere multe salatissime di milioni di euro dall'Unione Europea (naturalmente da ripartire tra tutti gli italiani). Non Le cito i casi di cacciatori regolarmente iscritti a circoli di caccia, muniti di licenza che vengono denunciati ogni anno per bracconaggio, ad esempio, per l'abbattimento di specie protette. Un fenomeno che butta fango su tutti i cacciatori attenti e rispettosi delle regole e che Lei dovrebbe affrontare con decisione.  La lista è lunga (incolumità pubblica, accesso ai fondi privati, bracconaggio, inquinamento, costi per la collettività, etc.) ma non vorrei cadere nella classica contrapposizione tra protezionisti e cacciatori che di certo non focalizza l'attenzione sull'accaduto.Le attività venatorie sono, dunque, incompatibili con la protezione della natura.
Non è un caso che la legge quadro sulle aree protette vieta espressamente la caccia nei Parchi Nazionali. Il binomio Parco e caccia è decisamente anomalo, per questo ho chiesto delucidazioni sulla presunta partnership del Parco del Pollino in questo progetto di educazione ambientale. Mi è stato risposto (in modo ufficioso e per cui ho richiesto l'ufficialità) che il Parco non ha sovvenzionato né dato la concessione del logo da apporre sui manifesti né tantomeno partecipato al Protoconvento di Castrovillari all’evento finale di presentazione dei risultati. Se questo è vero è da ritenersi un fatto gravissimo, non solo per violazione all'utilizzo del logo del Parco, per le informazioni mendaci circolate, per la confusione e l'inganno mediatico generato da chi distrattamente associa il logo del Parco ad attività di tutela, ma anche per il potenziale danno di immagine per l'Ente (con il logo in bella vista al Caccia Village). E' necessario che il Presidente Pappaterra faccia luce sulla vicenda e, in caso di irregolarità, prenda i dovuti provvedimenti.
Dott. Francesco Del Bo
                                                                   ACANTO (Organizzazione di Volontariato)
                                                            acantoinfo@gmail.com

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